"Non dobbiamo più continuare a camminare in avanti con lo sguardo rivolto all'indietro", leggo questa e le altre dichiarazioni (alcune delle quali condivisibili seppure tardive) del capo della polizia Gabrielli in relazione alla"catastrofe" del G8 di Genova  e mi vengono in mente le parole di una vittima, di altra violenza ed altri tempi : "è come avere dentro un elastico: si va avanti, si cresce, si invecchia. Ma non si è interi. Qualcosa di importante di sè è fermo a quei fatti." (Agnese Moro).

C'è una poesia bellissima di Wislawa Szymborska che s'intitola e parla di "Torture". Racconta di questa abominevole partica antica e del corpo al quale viene inflitta che prova dolore e non trova riparo perchè inesorabilmente c'è mentre l'anima si aliena da sè: "Tra questi paesaggi l’anima vaga, sparisce, ritorna, si avvicina, si allontana, a se stessa estranea, inafferrabile, ora certa, ora incerta della propria esistenza, mentre il corpo c’è, e c’è, e c’è e non trova riparo."

Nella sua voce non si percepisce alcuna nota di spocchia nè, tantomeno, di sfida, semmai una punta di legittimo orgoglio ma anche di solitudine, quando inizia con "provate voi..."
Quante volte l'ho sentito pronunciato dai miei assistiti -profughi, detenuti, minori abbandonati, vittime di maltrattamenti, di tratta o di atroci violenze-, questo doloroso prologo: "prova tu" oppure, declinato nella sua variante disfattista: "tu non puoi capire"!

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