E' certamente un problema di linguaggio, ma anche di naturale, primitiva, umanissima, paura e, ovviamente, di pessima politica.

Il razzismo si nutre anche e soprattutto di questi fattori. Ma non solo. Anche di disagio, solitudine, disinformazione e indifferenza.

A Multedo, in questi giorni, lo si sta capendo bene, mentre ci si trova, forse per la prima volta in un quartiere delle nostra Genova operaia e solidale, a dover fare i conti con un “manipolo” di cittadini, spero non completamente e di certo non dichiaratamente, razzisti, che si oppongono scompostamente all'accoglienza di una dozzina di richiedenti asilo.

Avrebbero dovuto esserci anche loro nello splendido Teatro dell'Arca all'interno della casa circondariale di Marassi, ad assistere alla presentazione del libro di Luigi Manconi e Federica Resta "Non sono razzista ma. La xenofobia degli italiani e gli imprenditori della paura"

Forse, se gli xenofobi di Multedo si fossero trovati in questa eterogenea ed attentissima platea, composta da poliziotti penitenziari, giornalisti, pensionati, insegnanti, educatori, psicologi, studenti, avvocati, detenuti, magistrati e "personalità" cittadine, superato lo stupore iniziale, avrebbero potuto, in qualche modo, trovare un conforto al loro smarrimento e alla loro solitudine.

Che poi alla fine, visti a stomaco vuoto e ad ora di cena, gli italiani (quelli di sangue, nati già col privilegio della cittadinanza), non devono essere tutti così malvagi se si ritrovano, come estrema e disagevole forma di protesta, ad aderire ad uno sciopero della fame "a staffetta", pur di far definitivamente approvare una blandissima legge che regoli con maggior buon senso i criteri per ottenere la cittadinanza per quei bambini e ragazzi che, loro malgrado, non possono vantare un pò di sangue italiano nelle vene ma "solo" una perfetta integrazione.
Si digiuna per diritti elementari che si vogliono, neppure concessi, ma semplicemente normati per altri. Sarà la fame ma io lo trovo commuovente.
La legge della quale si chiede, anche privandosi del cibo, l'approvazione in Senato, dovrebbe migliorare (peggiorare sarebbe difficile) l'attuale e vetusta normativa del 1992 che prevede il cossidetto "ius sanguinis" (ovvero la cittadinanza per nascita se si è figli di almeno un genitore italiano) oppure, per chi è nato in Italia ma da genitori stranieri, la possibilità di chiedere la cittadinanza solo dopo aver compiuto 18 anni e solo a condizione di aver sempre risieduto in Italia “legalmente e ininterrottamente”.

La nuova normativa, per la quale ci si batte anche saltando il pasto, introdurrebbe il cosiddetto ius culturae e una sorta di ius soli temperato.

Grazie allo ius soli temperato potrebbero acquisire la cittadinanza i  bambini nati in Italia da genitori stranieri se uno dei genitori è titolare di diritto di soggiorno illimitato oppure di permesso di soggiorno dell'Unione Europea per soggiornanti di lungo periodo ed è in possesso di un reddito non inferiore all’importo annuo dell’assegno sociale e disponibilità di un alloggio idoneo. Se invece usufruiscono dello ius cultura, i minori stranieri potranno ottenere la cittadinanza se sono nati nel nostro Paese o sono arrivati entro i 12 anni di età ed hanno frequentato regolarmente almeno 5 anni di scuole .

Non proprio una proposta rivoluzionaria insomma, ma la semplice previsione del "minimo sindacale" perché i tanti minori che vivono nel nostro Paese possano essere, oltre che sentirsi, italiani, con tutti i diritti e le responsabilità che questa cittadinanza comporta.

Di Alessandra Ballerini e Riccardo Noury 

“Ribadiamo l’impegno a contribuire a raggiungere la verità: continuando a scrivere di Giulio e dei difensori dei diritti umani egiziani, difendendo Giulio da ripugnanti attacchi e offese alla sua storia, alla sua dignità, alla sua limpidezza di comportamento e d’intenti e raccontando le tante iniziative che ancora alimentano la campagna “Verità per Giulio Regeni”.

Capita sempre più spesso, quando ci salutiamo tra amici, di esortarci vicendevolmente alla resistenza. "Resisti" ci diciamo accomiatandoci. Va detto che i miei amici sono quasi tutti "attivisti", almeno se, con questa parola, si intende definire chi si impegna minimamente ad ottemperare a quel dovere, peraltro inderogabile, di "solidarietà politica, economica e sociale" imposto dalla nostra Costituzione. Quindi quel "resisti" è un augurio oltre che un invito.

Un mio lontano cugino alcuni anni fa, dopo aver sperimentato qualche improbabile tecnica di rilassamento ha provato ad insegnarmela. Consapevole della deprimente impotenza che si accumula dopo giornate in studio, avendolo per qualche tempo lui stesso frequentato come mio praticante, mi suggerì di ripetere ad alta voce, prima di dormire, un numero di volte che non riesco a ricordare ma certamente dispari, la frase assolutoria: non è colpa mia.

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