- Alessandra Ballerini
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Il digiuno degli insegnanti della Daneo, uno squillo per una società migliore
Che poi alla fine, visti a stomaco vuoto e ad ora di cena, gli italiani (quelli di sangue, nati già col privilegio della cittadinanza), non devono essere tutti così malvagi se si ritrovano, come estrema e disagevole forma di protesta, ad aderire ad uno sciopero della fame "a staffetta", pur di far definitivamente approvare una blandissima legge che regoli con maggior buon senso i criteri per ottenere la cittadinanza per quei bambini e ragazzi che, loro malgrado, non possono vantare un pò di sangue italiano nelle vene ma "solo" una perfetta integrazione.
Si digiuna per diritti elementari che si vogliono, neppure concessi, ma semplicemente normati per altri. Sarà la fame ma io lo trovo commuovente.
La legge della quale si chiede, anche privandosi del cibo, l'approvazione in Senato, dovrebbe migliorare (peggiorare sarebbe difficile) l'attuale e vetusta normativa del 1992 che prevede il cossidetto "ius sanguinis" (ovvero la cittadinanza per nascita se si è figli di almeno un genitore italiano) oppure, per chi è nato in Italia ma da genitori stranieri, la possibilità di chiedere la cittadinanza solo dopo aver compiuto 18 anni e solo a condizione di aver sempre risieduto in Italia “legalmente e ininterrottamente”.
La nuova normativa, per la quale ci si batte anche saltando il pasto, introdurrebbe il cosiddetto ius culturae e una sorta di ius soli temperato.
Grazie allo ius soli temperato potrebbero acquisire la cittadinanza i bambini nati in Italia da genitori stranieri se uno dei genitori è titolare di diritto di soggiorno illimitato oppure di permesso di soggiorno dell'Unione Europea per soggiornanti di lungo periodo ed è in possesso di un reddito non inferiore all’importo annuo dell’assegno sociale e disponibilità di un alloggio idoneo. Se invece usufruiscono dello ius cultura, i minori stranieri potranno ottenere la cittadinanza se sono nati nel nostro Paese o sono arrivati entro i 12 anni di età ed hanno frequentato regolarmente almeno 5 anni di scuole .
Non proprio una proposta rivoluzionaria insomma, ma la semplice previsione del "minimo sindacale" perché i tanti minori che vivono nel nostro Paese possano essere, oltre che sentirsi, italiani, con tutti i diritti e le responsabilità che questa cittadinanza comporta.