"Merita la protezione sussidiaria il cittadino del Kashmir che sarebbe esposto in caso di rimpatrio a situazioni di grave rischio personale"

Tribunale di Genova, ord. 16 gennaio 2018

"Appaiono invece sussistere, ad avviso di chi scrive, i presupposti per il riconoscimento a suo favore della protezione sussidiaria ex art. 14, lett. c) del D.D lgs 2007 n. 251: la normativa comunitaria ed interna, come presupposto per il riconoscimento della protezione sussidiaria ex art. 14 lett. C) del d.lgs. 2007 n.251, richiede infatti la presenza di una minaccia grave e individuale alla vita o alla persona di un civile, derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato o interno o internazionale e, come recentemente ricordato la Corte di Giustizia ha ricordato che “mentre nella proposta della Commissione, che ha portato all’adozione della direttiva la definizione di danno grave ... prevedeva che la minaccia contro la vita, la sicurezza o la libertà del richiedente potesse configurarsi sia nell’ambito di un conflitto armato, sia nell’ambito di violazioni sistematiche o generalizzate dei diritti dell’uomo, il legislatore dell’Unione ha invece optato per la codifica della sola ipotesi della minaccia alla vita o alla persona di un civile derivante da violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale” (punto 29 della sentenza 30.1.2014).


Non appare infatti condivisibile l’assunto della Commissione a mente del quale, se il richiedente dovesse tornare nel proprio paese d’origine, non sarebbe a rischio di persecuzione e ciò proprio alla luce del fatto che egli è scappato perché militante nel partito JKLF. 
Più in generale, va rilevato, coerentemente a quanto condivisibilmente operato dal Tribunale di Ancona con ordinanza resa in data 20.9.2017, come i Tribunali Italiani abbiano nei confronti dei richiedenti asilo provenienti dal Pakistan orientamenti diversi e diffusi che, tuttavia, sono tali solo con riferimento alla modulazione del tipo di protezione accordata, visto che sostanzialmente convergono sulla necessità della stessa.
Sempre di recente, la Corte di Appello di Trieste ha evidenziato come “le notizie diffuse anche di recente attestano come sia ancora attuale un allarmante e desolante quadro in relazione ai diritti inviolabili dell’uomo, in quanto il pericolo per qualsiasi residente di essere vittima di attentati rischia di diventare una condizione costante della sua vita quotidiana “ ed ha ritenuto pertanto che “sussistano fondati ed adeguati elementi che inducono a ritenere che in alcune zone del paese di origine del richiedente vi sia una situazione attuale di potenziale rischio per l’incolumità dei cittadini, stante il perdurare ed il diffondersi di conflitti tra esercito e numerosi gruppo di talebani che vi operano in un clima generale di violenze ed in un contesto di assoluta carenza delle condizioni minime di sicurezza” sicchè “in presenza della minaccia derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale, si prescinde dalla posizione personale del richiedente, posto che, diversamente da quanto previsto per lo status di rifugiato, il principio della personalizzazione della minaccia o del danno non si applica alla protezione sussidiaria ex art, 14lett. C) D. Lgs n. 251/2007” (Così C.A. Trieste 3.5.2016).
La stessa Commissione Territoriale del Ministero con provvedimento reso in data 22.1.2016, ha riconosciuto la protezione sussidiaria evidenziando che “nella regione del Punjab risulta che l’intensità dei fenomeni di violenza e degli attacchi terroristici, seppure molto più limitata rispetto ad altri distretti, è cresciuta in maniera significativa e che, in particolare, si è registrato un preoccupante trend di radicalizzazione della popolazione nonchè un significativo incremento di attacchi terroristici nella zona di Islamabad”.
Appaiono quindi sussistere alla luce di ciò fondati e seri motivi per ritenere che nel caso di rimpatrio il richiedente sarebbe esposto a situazioni di grave rischio personale, e pertanto è pienamente concedibile nel caso di specie il beneficio della protezione sussidiaria.
Per questi motivi, tenuto conto anche del buon percorso integrativo del ricorrente, come da documentazione prodotta in udienza, la domanda di protezione sussidiaria deve essere accolta e ciò assorbe e rende ininfluente l’esame dell’ulteriore richiesta di protezione umanitaria formulata in via gradata."

 

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