La violenza politica e sociale in Bangladesh e gli attacchi terroristici rendono plausibile la fuga del ricorrente che merita la protezione umanitaria

Tribunale di Genova, ord. 8 gennaio 2018

"Ritiene il Tribunale che il racconto del ricorrente sia plausibile, anche se non riscontrabile e che la vicenda personale dal lui narrata debba essere collocata all’interno del contesto politico/sociale del Bangladesh, descritto anzitutto dal rapporto di Amnesty International 2015/2016 (a tal fine si evidenzia che il ricorrente ha dichiarato di aver lasciato il paese in un periodo collocabile, sulla base della sua intervista resa davanti alla Commissione, nel 2015): la situazione politica appare molto critica, caratterizzata da gravi problemi di ordine pubblico, forti limitazioni delle libertà fondamentali e violenze perpetrate nei confronti delle persone più deboli ed indifese: “Tra gennaio e marzo, una campagna dell’opposizione al governo guidata dal Partito nazionalista del Bangladesh (Bangladesh Nationalist Party – Bnp) è sfociata nella violenza, quando centinaia di autobus e altri veicoli sono stati attaccati, presumibilmente da manifestanti che hanno lanciato bombe molotov.

Decine di passeggeri sono stati uccisi e molti altri feriti. Nessuno direttamente coinvoltonegli attacchi è stato assicurato alla giustizia. La polizia ha arrestato importanti esponenti del Bnp con l’accusa di incendio doloso. Tra loro c’era Mirza Fakhrul Islam Alamgir, segretario generale ad interim del partito che, nel corso dell’anno, è stato spesso arrestato per periodi variabili di settimane o mesi, per poi essere rilasciato.Centinaia di membri dell’opposizione sono stati detenuti per giorni o mesi e inseguito rilasciati. Alcuni sono stati accusati di incendio doloso. Diversi cittadini stranieri sono stati presi di mira e aggrediti da assalitori non identificati. Tra il 28 settembre e il 18 novembre, un operatore umanitario italiano e un cittadino giapponese sono stati uccisi; un medico italiano è sopravvissuto a una sparatoria. A luglio, un ragazzo di 13 anni, Samiul Islam Rajon, è stato picchiato a morte in pubblico dopo essere stato accusato di furto;
la sua uccisione ha scatenato forti critiche da parte dell’opinione pubblica per lo stato di abbandono in cui vivono i bambini di strada. Poco dopo il governo ha ordinato un’inchiesta sull’uccisione. A fine anno, almeno 16 persone accusate di gravi violazioni dei diritti umani di massa commesse durante la guerra d’indipendenza del 1971 erano sotto processo. Le autorità non si sono occupate di omicidi ben documentati commessi dalle forze filo-indipendentiste. Membri delle forze di sicurezza in borghese hanno arrestato decine di persone e in seguito si sono rifiutati di rivelare dove si trovassero. Secondo un’indagine dei quotidiani nazionali, guidata dall’organizzazione per i diritti umani Ain O Salish Kendra, tra gennaio e settembre almeno 43 persone, tra cui due donne, erano state vittime di sparizione forzata. Sei di loro sono state in seguito trovate morte, quattro sono state liberate dopo il rapimento e cinque sono state trovate in custodia di polizia. La sorte e l’ubicazione delle altre 28 persone era sconosciuta. Sono proseguiti i processi contro tre ufficiali del battaglione d’intervento rapido, accusati del rapimento e dell’uccisione di sette persone nell’aprile 2014. Nessun altro esponente delle forze di sicurezza o altro funzionario implicati in altri casi di sparizioni forzate sono stati assicurati alla giustizia. Sebbene la tortura e altri maltrattamenti in custodia di polizia siano stati molto diffusi, le denunce di tortura raramente sono state oggetto d’indagine. A marzo, alti funzionari di polizia si sono pubblicamente lamentati per le tutele che la legge prevede contro la tortura, chiedendo al governo di depenalizzare la tortura in tempo di guerra, minaccia di guerra, instabilità politica interna o emergenza pubblico quando la tortura è ordinata da un superiore o da un’autorità pubblica.”
Tali condizioni sono riscontrate anche dall’articolo relativo al Balgladesh e tratto dall’Osservatorio Permanente sui rifugiati, da cui si desume che la violenza politica e sociale in Bangladesh non accenna a fermarsi e che agli scontri fra i due partiti politici che da decenni si contendono il potere (il BNP ed il Awami League) si sono ora aggiunti gli attacchi terroristi degli estremisti islamici.
Il governo attuale è presieduto dal primo ministro Sheikh Hasina, dichiarato vincitore delle elezioni nel gennaio 2014, ma boicottate dal partito di opposizione, il Partito nazionalista del Bangladesh e dai suoi alleati. Nell’attuale governo l’opposizione non risulta avere alcuna rappresentanza: tutti i partiti della coalizione avevano boicottato il voto, in protesta contro Sheikh Hasina.
Nell’anniversario delle ccdd. elezioni farsa‟ del 5 gennaio 2014, il Bangladesh Nationalist Party (Bnp, nazionalista) ha indetto una “Giornata dell’assassinio della democrazia: due persone sono morte e 15 sono rimaste ferite nella città di Natore, nel nord del paese: le vittime erano sostenitori del partito di opposizione (Bnp).
Khaleda Zia, leader del Bnp, aveva chiesto ai suoi sostenitori di scendere in piazza, nonostante il divieto di manifestazioni, per spingere il primo ministro Sheikh Hasina a convocare nuove elezioni. Le violenze sono esplose anche nella capitale e in decine di altre città nel paese.
Nuovamente, il 3 febbraio 2015, sette persone sono morte e diverse sono rimaste ferite nell’esplosione di una bomba molotov lanciata contro un autobus di passeggeri in Bangladesh. Gli attentatori sarebbero sostenitori del partito Bnp, che da gennaio manifestano contro il governo di Sheikh Hasina.
In questa drammatica situazione si è poi inserito l’integralismo islamico: il Ministero degli Esteri Farnesina raccomanda «ai connazionali presenti a Dhaka e nel Paese di mantenere un comportamento vigile ispirato alla massima prudenza, di limitare gli spostamenti, in particolare quelli a piedi», evitando «luoghi abitualmente frequentati da stranier
Alla luce di tutto quanto sopra appare plausibile che il ricorrente si sia trovato nella necessità di lasciare il Bangladesh anche per reperire altrove un’attività lavorativa idonea a consentirgli di mantenere se stesso ed il proprio nucleo familiare composto dalla madre e da due fratelli più piccoli.
La specifica situazione del ricorrente risulta quindi meritevole di protezione, dovendosi peraltro individuare la misura più adeguata alle caratteristiche del caso di specie.
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Non sussistono i presupposti per ottenere lo status di rifugiato o il riconoscimento della protezione sussidiaria mentre si ritiene che possa essere riconosciuta la protezione umanitaria.
Si deve infatti considerare, da un lato la predetta attuale difficilissima situazione socio-politica del Bangladesh come sopra sinteticamente descritta, la situazione di estrema povertà della famiglia del ricorrente, il fatto che quest’ultimo ha lasciato il proprio paese ormai più di due anni fa ed ha dimostrato di aver iniziato in Italia un percorso di integrazione lavorando come operaio presso una ditta sub appaltatrice di Fincantieri.
Giova ricordare, in particolare, che la parte dell’art. 5, co. 6, D.lgs. 286/98 relativa al permesso umanitario è introdotta con il D.L. 89/2011, convertito nella L. 129/2011, in occasione del recepimento, nel nostro diritto interno, della direttiva 2008/115/CE (c.d. “direttiva rimpatri) che all’art. 6, § 4 - consente che “in qualsiasi momento gli Stati membri possono decidere di rilasciare per motivi caritatevoli, umanitari o di altra natura un permesso di soggiorno autonomo o un'altra autorizzazione che conferisca il diritto di soggiornare a un cittadino di un paese terzo il cui soggiorno nel loro territorio è irregolare. In tali casi non è emessa la decisione di rimpatrio. Qualora sia già stata emessa, la decisione di rimpatrio è revocata o sospesa per il periodo di validità del titolo di soggiorno o di un'altra autorizzazione che conferisca il diritto di soggiornare.”
Ad avviso dello scrivente Giudice la ratio dei motivi umanitari è dunque da ricercarsi nella suddetta direttiva che fa espresso riferimento a motivi caritatevoli o di altra natura, non meglio definiti e quindi non espressamente codificati.
Si condivide inoltre l’ordinanza resa dal Tribunale di Napoli in data 12.1.2015 con la quale è stato deciso che ha diritto alla protezione umanitaria ex art.5 co.6 TUI, sia pure per un periodo limitato, il cittadino straniero proveniente dal Bangladesh attesa la situazione di violenza ed instabilità diffusa nel paese. Infatti nella previsione di tale norma possono esservi ricondotte situazioni soggettive come i bisogni di protezione a causa di particolari condizioni di vulnerabilità dei soggetti, quali ad esempio motivi di salute o di età, ma anche oggettive (cioè relative al paese di provenienza) e quindi una grave instabilità politica, episodi di violenza o insufficiente rispetto dei diritti umani, carestie, disastri naturali o ambientali o altre situazioni similari."

 

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