TAR LIGURIA: due importanti pronunce sul diritto al permesso di soggiorno di cui all'art. 103, co. 2 per i richiedenti asilo in attesa della decisione, amministrativa o giurisdizionale, sulla propria domanda di protezione internazionale

TAR LIGURIA 11 Novembre 2021

Sentenza 00952/2021

In questo contesto, negare il permesso di soggiorno di cui all’art. 103, co. 2, a chi sia in attesa della decisione, amministrativa o giurisdizionale, sulla propria domanda di protezione internazionale - dunque si trovi in possesso di un titolo del tutto precario, tale da renderlo assimilabile, in caso di rigetto dell’istanza, a chi ne sia privo – sarebbe in contrasto con l’obiettivo, perseguito dal legislatore, di agevolare la conclusione di contratti di lavoro regolari da parte di persone prive di un permesso di soggiorno valido, nonché con i principi costituzionali di eguaglianza e ragionevolezza, anche perché il riconoscimento della protezione internazionale «da alternativa di maggior tutela» non può tramutarsi in una «impropria limitazione di accesso alla legalità lavorativa»

Sentenza 00953

Evidenzia parte ricorrente, invece, che la domanda di protezione internazionale, essendo volta al riconoscimento di uno status giuridico, prescinde dalla titolarità di uno specifico permesso di soggiorno e, in conseguenza, non presenterebbe alcun elemento di incompatibilità con la domanda di un permesso di soggiorno temporaneo ex art. 103, comma 2, d.l. n. 34/2020.
A tale riguardo, il Collegio intende uniformarsi alla recente sentenza del T.A.R. Piemonte, sez. I, 15 luglio 2021, n. 739, che, in un caso analogo, ha esaminato funditus e con esaustive argomentazioni la materia oggetto della controversia. Con tale pronuncia, il giudice amministrativo ha evidenziato come la normativa, occasionata dall’emergenza sanitaria, fosse intesa a favorire la coerenza fra titoli di soggiorno e posizioni lavorative in settori particolarmente afflitti dalla problematica dell’irregolarità diffusa e del lavoro nero, quali il lavoro agricolo e quello domestico: “essa è stata concepita”, quindi, “in particolare in favore di soggetti comunque legalmente entrati in Italia, non gravati da condanne o misure di allontanamento coatto, di fatto inseriti in un tessuto economico e tuttavia vulnerabili dal punto di vista della forza contrattuale e con l’obiettivo dichiarato di favorire coerenza tra la situazione lavorativa, pur esistente, e la condizione giuridica dei lavoratori”.

(...)

Per tali ragioni, in coerenza con i valori che formano dichiaratamente oggetto della tutela normativa, si impone un’interpretazione che favorisca il coordinamento suddetto, conseguentemente consentendo l’accesso alla procedura di regolarizzazione da parte del soggetto che risulta “portatore di una parallela e diversa potenziale condizione soggettiva favorevole (per di più costituzionalmente garantita) la quale paradossalmente, da alternativa di maggior tutela, diviene impropria limitazione di accesso alla legalità lavorativa”.

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