Ho il privilegio di “assistere”, o, per meglio dire, di combattere al fianco di persone di rara umanità e incredibile spessore. Con alcune di loro la relazione è divenuta così intensa e affettuosa da non poter stare più imbrigliata nel classico rapporto “avvocato / cliente”.

 

 

 

 

"Le parole fanno le cose", dice Foucault. E a volte fanno anche le persone.

In tema di migrazioni quanti vocabili, spesso dispregiativi, vengono utilizzati, a volte senza una reale consapevolezza, per indicare intere categorie di individui!

Ad esempio, quando si parla degli arrivi dei profughi sulle nostre coste si adopera quasi sempre il termine "invasione", anche se, come quest'anno, ci si riferisce a neppure 10 mila persone.

Chi arriva via mare, in fuga da violenze e mali indicibili, secondo il gergo comune, "sbarca" da "carrette del mare" sovraffollate di "disperati".

E' una gioia rara . Specie per chi si occupa, spesso impotente, di diritti umani, o meglio, delle loro violazioni, assistere all'esplosione di qualcosa che assomiglia alla felicità e che è, decisamente, sollievo. Credo che sia una sensazione simile a quella che può provare chi assiste, in una sala di attesa di ospedale, alla notizia comunicata dal chirurgo ai familiari che il paziente, arrivato in condizioni drammatiche, dopo un intervento difficile, è miracolosamente vivo.

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