Tribunale di Genova 03.11.2025

“In sede di audizione amministrativa il richiedente ha dichiarato di essere nato all’interno del campo profughi di Sirwan a Sulaymaniyya, ove i suoi familiari si erano rifugiati a seguito dell’Intifada del 1991 (al termine della Guerra del Golfo n.d.r.), e di essersi trasferito a vivere nella Città di origine dei propri familiari, Bashir, nella provincia di Kirkuk, nel 1995, a seguito dell’amnistia.
Ha proseguito riferendo di aver lasciato l’Iraq poiché il proprio villaggio, Bashir, era spesso teatro di scontri tra gruppi militari e paramilitari e che, in quanto curdo sunnita, la sua vita era in pericolo trovandosi in una zona di confine, ove la maggioranza della popolazione era sciita. Ha poi narrato che nel 2013 era stato istituito il Daesh (Stato Islamico); che da quel momento Bashir era diventata teatro di scontri tra gruppi militari e paramilitari iracheni; che la maggior parte della zona era controllata da Peshmerga1 che proteggevano la popolazione curda; che questi proteggevano indistintamente arabi, curdi, sunniti e sciiti senza fare distinzioni. Ha poi aggiunto che i Peshmerga, temendo di andare al mercato per questioni di sicurezza, avevano chiesto alla sua famiglia di comprare dei prodotti alimentari per loro e che la sua famiglia aveva accettato; che tuttavia, da allora, i gruppi sciiti della zona si erano arrabbiati ed accaniti contro di loro, sottoponendoli a controlli e minacciandoli tramite lettere e volantini. Sul punto ha precisato che la sua famiglia aveva avvisato i Peshmerga di queste minacce e che il comandante del reparto li aveva tranquillizzati dicendo che avrebbero pensato loro a proteggerli.
Ha continuato riferendo che un giorno, mentre aspettava al negozio il fratello che stava portando la merce acquistata al mercato, aveva sentito un forte boato e che, una volta giunto sul posto, aveva visto il camion incendiato ed il fratello gravemente ustionato; che il fratello era poi deceduto durante il trasporto in ospedale e che, a seguito di accertamenti della polizia, avevano scoperto che era stata collocata una bomba nel camion; che secondo lui i responsabili erano stati gli sciiti di Assaib Ahl Al Haq.
Sul punto ha poi affermato che, nonostante la promessa di protezione, i Peshmerga si erano limitati a fare fotografie ed a raccogliere informazioni e che, temendo per la loro sicurezza, insieme ai propri familiari, si era trasferito di nascosto a Kirkuk nel quartiere Rahimawa; che, tuttavia, anche qui non si sentivano al sicuro ed il padre non gli permetteva di uscire da solo; che a Kirkuk ricevevano telefonate da vicini e conoscenti che gli chiedevano dove si trovassero; che, per timore, il padre gli aveva consigliato di lasciare il Paese..
...Il Collegio non condivide il giudizio conclusivo della Commissione Territoriale.
Il narrato è infatti risultato lineare, genuino, ed arricchito anche di dettagli su circostanze secondarie che rendono credibile che si tratti di fatti realmente vissuti. Ed infatti il signor M. ha riferito circa le modalità relative all'incontro fra il fratello e i Peshmerga ed agli accordi fra di loro intercorsi, specificando anche le merci di cui tale esercito si riforniva e chiarendo che detto accordo fosse stato molto apprezzato da parte loro non dal punto di vista commerciale, in quanto nessuna maggiorazione di prezzo era stata pattuita, ma per la tranquillità che alla sua famiglia avrebbe dovuto derivare dalla loro presenza. Analogamente, il racconto del giorno dell'attentato al fratello si caratterizza per la presenza di circostanze di dettaglio, quali quelle relative alla telefonata della madre e dall'invito ad entrambi i figli a recarsi a casa, prima di procedere allo scarico della merce dal camion.
Alla coerenza interna, rafforzata dall’assenza di contraddizioni nelle due occasioni in cui è stato sentito ed ove ha riferito i fatti con molta naturalezza, fa riscontro quanto emerge dalle COI consultate.

